Storia della Danza - Settecento - Ottocento e Romanticismo

Storia della Danza - Settecento - Ottocento e Romanticismo

6080 Dettagli utente M****o Data di creazione: 12/07/2019
Per il secolo XVIII si deve distinguere tra danza di corte e danza di teatro. Quest'ultima infatti si era trasformata nello stile per obbedire alle esigenze del tipo di visione imposta dalla struttura dello spazio scenico: a differenza degli spettacoli organizzati negli ambienti di corte, dove il pubblico si posizionava intorno allo spazio delle danze, ora il palcoscenico era posto di fronte agli spettatori e tutto ciò che vi stava sopra doveva seguire delle linee prospettiche, altrimenti la visione non sarebbe stata buona. Le scenografie usavano linee diagonali e così doveva essere per gli atteggiamenti dei ballerini, che vennero spinti ad assumere le posizioni dette in épaulement (con una rotazione del busto in linea diagonale). Le danze si volsero sempre di più a una cura eccessiva della forma, a scapito dell'espressione. La cura principale era indirizzata all'eleganza delle linee e a creare passi sempre più complessi per stupire il pubblico. Nacque così una forma di "divismo" da palcoscenico analoga a quella dei cantanti lirici coevi e la danza scadette nella pura esibizione del virtuosismo tecnico, divenendo un'arte quasi circense, molto artificiosa. Ma il Settecento è chiamato “il secolo delle riforme”, perché in ogni campo si sentiva l'esigenza di uscire dai canoni pre-costituiti, codificati e artificiali e di riferirsi maggiormente alla natura dell'uomo. Il pensiero illuministico spingeva verso la natura, l'abbandono dell'artificio, la ricerca degli aspetti più genuini, il ritorno dell'umanità alla sua essenza, non condizionata dalla civiltà. Perciò l'Illuminismo spingeva anche alle riforme in ogni campo. Per la danza, nella seconda metà del Settecento Jean-Georges Noverre in Francia e Gasparo Angiolini in Italia, con l'introduzione del ballet d'action, si adoperarono per la riforma degli spettacoli coreutici, contemporaneamente al tedesco Christoph Willibald Gluck, che operò per la riforma del Melodramma. Per il desiderio di rifarsi alla natura, Noverre esortava a liberare il corpo della ballerina dalle vesti pesanti e ingombranti e dalle maschere e dalle parrucche che nascondevano le forme naturali, ma in realtà nei movimenti delle danze il risultato fu quello di un maggiore sviluppo della pantomima e non tanto la riunificazione delle tre arti della musica, del teatro e della danza: l'espressione dei sentimenti era intesa come un'imitare la natura, quindi si cercava il modo di riprodurre le emozioni naturali per farle sembrare vere, ma alla fine si realizzava un nuovo artificio. In realtà a quel tempo la concezione dell'arte era prettamente naturalistica: pittori e scultori erano considerati "bravi" se sapevano imitare la natura al meglio e in musica anche i compositori si ingegnavano nell'imitazione dei suoni naturali. Però nei primi anni del secolo XIX un coreografo napoletano in qualche modo operò per la riunificazione delle tre arti: Salvatore Viganò con il suo "Coreodramma" o dramma danzato. Inoltre un altro napoletano, Carlo Blasis, adeguava le forme virtuosistiche della danza classica ai nuovi parametri di espressività e di adesione alla natura propri dell'Illuminismo. Blasis scrisse vari libri sulla tecnica della danza classica, nei quali esortava anche a tenere in considerazione le arti “sorelle” - la pittura e la scultura - per realizzare con il proprio corpo "forme belle" (secondo l'idea di "bellezza" propria dell'epoca). Blasis si ispirò alla statua del Mercurio del Giambologna per realizzare una delle pose principali della danza classica: l’attitude, intesa come espressione di un dinamismo che tende verso il cielo. Questa posa peraltro è rappresentata molto di frequente anche nelle statue greche e romane, dato che a sua volta il Giambologna si era ispirato a queste. Danza, recitazione, canto, ormai sono definitivamente separati. Siamo in pieno Neoclassicismo: un ritorno ai classici, filtrato però dalle idee illuministe, perciò non più rigido e artificiale come una volta, ma caratterizzato da esigenze nuove che spingono alla ricerca dell'espressione dei sentimenti dell'individuo aprendo la strada al Romanticismo. Durante l'Ottocento, inizia a diffondersi il Balletto Romantico, basato su una nuova sensibilità, una nuova visione del mondo più libera ed appassionata, che rompe le vecchie certezze legate al sistema normativo tradizionale, dominato dal culto della ragione, per recuperare una realtà inesplorata legata al versante oscuro dell'inconscio, dando voce ai moti dell'animo, dei sentimenti, del sogno. È del 1832 la messa in scena all'Opéra di Parigi di La Sylphide, il primo esempio di balletto romantico. Abbandonati i temi mitologici e storici, l'azione ora si trasferisce nel mondo delle fiabe. È in questa occasione che viene introdotta dal coreografo Filippo Taglioni, padre della ballerina che lo interpretava, Maria Taglioni, l'uso della danza sulle punte e del tutù come consuetudine. L'aspirazione al volo che traduceva la tensione romantica verso una realtà trascendente, la sensibilità e la grazia che caratterizzavano il nuovo stile, si sposano a una tecnica rigorosamente classica che trova nelle punte, nell’arabesque, nel port de bras i suoi principi fondamentali. Ogni movimento, ogni figura sono perfettamente controllati, nascondendo la fatica fisica e il sudore sotto un'immagine di eterea leggerezza che si libra nello spazio esaltando la bellezza plastica degli atteggiamenti nel rigore di una nitida purezza geometrica. Dopo la seconda metà dell'Ottocento, l'Opéra di Parigi entra lentamente in crisi: costretta a reclutare le sue étoile all'estero, priva di validi maestri di balletto e corografici, non esercita più la sua supremazia, per cedere il passo alle altre scuole che sulle sue orme cominciano a fiorire negli altri paesi europei, come quella del Teatro alla Scala di Milano. Il vigoroso impulso all'arte della danza promosso in Russia dagli zar nel Settecento, è sostenuto e incoraggiato nel corso dell'Ottocento, facendo di San Pietroburgo un punto di passaggio obbligato per tutti i coreografi e i solisti più rinomati d'Europa. Il compito di condurre a una sintesi il patrimonio di esperienze accumulatesi nell'arco di un secolo spetta a Marius Petipa, un coreografo francese che, assunto nel 1847 come primo ballerino, acquistò ben presto un ruolo preminente nei teatri imperiali russi. La stagione di Petipa coincide con l'introduzione del balletto romantico in Russia, che avviene però tardivamente, quando altrove è già in declino. I gusti del pubblico, composto soprattutto dall'aristocrazia, esigono che il balletto si concentri intorno alla figura femminile, mostrando di apprezzare opere d'impostazione fastosamente spettacolare che lascino spazio all'esibizione virtuosistica. Petipa riprende quindi i capolavori del balletto romantico come La Sylphide, Giselle, Coppélia, Le Corsaire, La Esmeralda. L'attenzione verso i valori del passato si riscontra anche nelle sue creazioni coreografiche. Erede del balletto d'azione, Petipa adatta la trama drammatica ai contenuti romantici, ma ne disperde talvolta la tensione inserendo accessori, non sempre perfettamente integranti nel soggetto, che costituiscono momenti virtuosistici fini a se stessi. Egli mira soprattutto a realizzare una grande visione spettacolare che susciti l'ammirazione del pubblico, non curandosi se per ottenere questo risultato è costretto a sacrificare il rigore della composizione drammatica. Sono suoi i capolavori Don Chichotte, La Bayadère, La Bella addormentata nel bosco, Lo Schiaccianoci (in realtà coreografato dal suo assistente Lev Ivanov) e Il lago dei cigni (coreografato in collaborazione con Lev Ivanov), tuttora rappresentati nei migliori teatri del mondo ancora con le sue coreografie.
Domande lingua: italiano
Lingua delle risposte: italiano
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